MUSIC PLAYER – Abbondanza scozzese e dediche d’amore di dubbio gusto…

I (particolarmente soddisfatti) tifosi del Maccabi Tel Aviv (fonte: deporadictos.com)

I (particolarmente soddisfatti) tifosi del Maccabi Tel Aviv (fonte: deporadictos.com)

C’è chi dice che nella vita bisogna accontentarsi. Per altri invece il bello delle cose buone è l’eccesso.

Visto che qua si parlerebbe di sport, proviamo a declinare nel modo giusto. Voi preferireste che la vostra squadra vinca sempre o vi piacerebbe anche solo qualche successo ogni tanto, ma magari significativo, inatteso e storico?

Eh, vedete che pare meno semplice di quanto sembri. Provo a farvi luce con un esempio pratico. In Israele si sono giocate 59 edizioni della Ligat ha’Al, il locale campionato di pallacanestro. Di queste ben 50 sono state vinte dal Maccabi Tel Aviv, cioè quasi l’85% del totale. La situazione è stata quasi grottesca tra il 1970 e il 2007, quando i gialloblu vinsero 37 campionati su 38, con due strisce di 23 e 14 successi di fila.

Ecco state sicuri che ai tifosi del Maccabi ‘sta situazione tanto schifo non ha mai fatto. Anche nel calcio vi sono esempi simili, ma è difficile trovare un dominio simile di una sola squadra. Più facile trovare competizioni dominate da più compagini.

Fasi concitate durante uno degli ultimi derby di Glasgow (fonte: dailymail.co.uk)

Fasi concitate durante uno degli ultimi derby di Glasgow (fonte: dailymail.co.uk)

La Scozia è il caso emblematico. Come tutti voi sapete, nella terra di Highlander, vige la terribile dittatura dell’Old Firm: Celtic e Rangers, Rangers e Celtic. Anzi negli ultimi anni solo Celtic perchè i rivali si sono impantanati con brutte storie finanziarie e ora cercano di scalare le serie minori dopo essere stati retrocessi d’ufficio nei bassifondi.

Prendiamo l‘albo d’oro e facciamo due calcoli. 119 edizioni di campionato, 54 successi dei Rangers, 44 del Celtic, i restanti 19 mancia per gli altri. Nel podio di tutti i tempi, le terze classificate sono Hibernian, Hearts e Aberdeen staccate con solo 4 vittorie. Molto staccate. L’ultima affermazione non targata Glasgow risale al 1984-1985, quando fu l’Aberdeen a trionfare. Con in panchina un certo Alex Ferguson, mica uno qualunque.

Vabbè, vi risparmio le percentuali e taglio corto. Se siete scozzesi e non tifate quelle due lì, siete costretti ad accontentarvi, non si scappa. Viceversa avete di che scialarvi, al punto che, stufi del solito tran tran di coppe alzate, festeggiamenti e coriandoli colorati nei capelli, potreste pensare di parteggiare, in modo più o meno spinto, per un’altra squadra di un campionato vicino. L’Inghilterra, per esempio.

A dir la verità, a guardare nella vicina Albione ci pensano già direttamente i dirigenti di Celtic e Rangers. Più volte hanno minacciato di volersi spostare in Premier League, ma per ora non se n’è fatto niente, per un motivo o per l’altro.

Fasi concitate durante un recente Liverpool-Manchester United (fonte: footballaccumulator.co)

Fasi concitate durante un recente Liverpool-Manchester United (fonte: footballaccumulator.co)

Torniamo ai tifosi. Pur tormentati anche loro sulla possibilità di traslocare a sud, spesso cercano altri colori da guardare con simpatia. Visto a cosa può portare l’abbondanza?

In particolare molti sostenitori del Celtic hanno una simpatia per il Liverpool. Altri invece, se devono scegliere una compagine inglese, preferiscono il Manchester United. A ben vedere, una situazione un po’ ingarbugliata perché è come se alcuni simpatizzassero per l’Inter e altri per la Juventus.

In effetti, le scuole di pensiero sono diverse. In linea di principio la corrente maggioritaria è quella che preferisce i Reds ai Red Devils, anche in virtù di uno storico gemellaggio, suggellato dal comune utilizzo dello stesso inno, l’immortale “You’ll never walk alone”.

Nonostante questo i tifosi Celtic con simpatie per lo United non sono pochi e hanno trovato un endorsement di un certo livello grazie ad un personaggio che dell’abbondanza, il concetto cardine da cui è partito questo articolo, ne ha fatto uno stile di vita.

Il buon Rod Stewart nel 1976 (fonte: wikipedia.com)

Il buon Rod Stewart nel 1976 (fonte: wikipedia.com)

Parlo di Rod Stewart. Nato a Londra da genitori scozzesi, il nostro è stato per anni indiscusso protagonista della scena musicale britannica e mondiale, grazie ad una voce singolare, un grande carisma e una fama da tombeur de femme di un certo livello.

Tutto questo sommato ha prodotto 100 milioni di dischi venduti nel mondo, tre matrimoni, sa dio quanti flirt assortiti e 8 figli. Dicevamo dell’abbondanza?

Tra le passioni di Stewart, oltre alle due che penso abbiate intuito, c’è anche il calcio, sport che ha praticato a livello amatoriale. La sua squadra preferita? Il Celtic. E il Manchester United, ovvio.

La sua passione per queste due squadre è talmente grande che ha sconfinato negli altri suoi amori. Nel 1977, in un periodo in cui anche se avesse inciso un rutto rischiava il disco d’oro, esce il singolo “You’re in my heart”, romantica ballata dedicata a Britt Ekland, attrice e cantante svedese, discreta bellezza e, ça va sans dire, fiamma del buon Rod negli anni ’70.

Britt Ekland. Che all'epoca fosse meglio di Celtic e United è fuor di dubbio (fonte: celebheightslist.com)

Britt Ekland. Che all’epoca fosse meglio di Celtic e United è fuor di dubbio (fonte: celebheightslist.com)

Per farle un complimento, ad un certo punto recita in un verso: «You’re Celtic, United, but baby I’ve decided you’re the best team I’ve never seen». Traduco (alla bisogna): «Sei come il Celtic, come il Manchester United, ma piccola ho deciso che tu sei la miglior squadra che abbia mai visto».

Bah, non suona poi benissimo come romanticheria da cantare ad una donna, non trovate?

Oh, è vero anche che lui era e sarà sempre Rod Stewart e tutti noi solo dei poveri stronzi ma, non so voi, se io andassi dalla mia ragazza a cantarle «Sei come il Palermo, sei come il Werder Brema», minimo mi becco una querela…

 

P.S. Il video è di un’esibizione relativamente recente. Da notare la scritta dietro la camicia verde. E notare la classe con cui la indossa con una maglietta gialla.

La storia di Cosmin Contra, sparatutto rumeno ad alto rischio

L'11 titolare dell'Alaves nella famosa finale del 2001 (fonte: euskomedia.org)

L’11 titolare dell’Alaves nella famosa finale del 2001 (fonte: euskomedia.org)

Ve la immaginate una squadra non proprio di blasone, tipo l’Empoli o l’Avellino (con tutto il rispetto per due piazze storiche del calcio italiano), che arriva in Serie A, si qualifica per l’Europa League e va fino in finale perdendo solo ai supplementari contro una big come il Liverpool, giusto per fare un nome?

Al giorno d’oggi è difficile, ma una decina di anni fa storie del genere erano ancora possibili. E accadevano. Molti di voi si ricorderanno la straordinaria cavalcata nella Coppa UEFA 2000-2001 del Deportivo Alaves, squadra spagnola della città di Vitoria.

Erano alla loro prima partecipazione in una competizione europea e nessuno gli dava mezza peseta. Dopo il sorteggio del primo turno, il presidente dei turchi del Gaziantepspor, contro cui erano stati sorteggiati, disse «abbiamo beccato la squadra più scarsa del torneo». Matematico, quella sfida divenne la prima impresa di una lunga serie.

Jordi Crujiff, leader dell'Alaves 2001 (fonte: goal.com)

Jordi Crujiff, leader dell’Alaves 2001 (fonte: goal.com)

La finale si giocò a Dortmund contro il Liverpool (ecco sì, all’inizio non era stato proprio un nome sparato a caso…). Fu una delle partite più belle di sempre. Finì 5-4 per gli inglesi, con un golden gol, che in realtà fu un’autorete, negli ultimi minuti dei tempi supplementari. Per l’Alaves fu una beffa atroce dal quale in pratica non si riprese più.

Era una squadra di onesti mestieranti che si basava sul talento di un paio di giocatori e sull’exploit temporaneo degli altri. Il calciatore simbolo riassumeva entrambe le situazioni: Jordi Cruijff. Figlio del divino Johan, nessuno si è mai azzardato a paragonarlo al padre, ma se c’è stato un anno in cui è andato anche vagamente vicino ad emularlo, fu quello.

Qualcuno si interessò ai gioielli di quel gruppo e ci fu chi se ne prese un paio. Nell’estate del 2001 il Milan decise di scommettere su due protagonisti di quella squadra. Il primo nome era quello di Javi Moreno, il centravanti. Meglio lasciar stare…

Cosmin Contra in maglia rossonera (fonte: spaziomilani.it)

Cosmin Contra in maglia rossonera (fonte: spaziomilani.it)

L’altro acquisto fu il promettente terzino rumeno Cosmin Contra. Nato a Timisoara, il 15 dicembre 1975, era un terzino destro dall’attitudine brasiliana e il carattere facilmente infiammabile. Insomma, l’esatto opposto di quel ghiacciolo di Thomas Helveg che i dirigenti rossoneri cercavano in tutti i modi di sostituire. Le caratteristiche del rumeno erano chiare: tanta corsa in fase offensiva, un po’ meno in quella difensiva, grinta e temperamento a pacchi da venti e capacità di sparare delle mine paurose dalla distanza.

Una di queste lo consacrò a idolo estemporaneo della curva sud. Il 21 ottobre si giocò il derby contro l’Inter. I nerazzurri passarono in vantaggio con un gol di Nicolino Ventola in apertura. Il Milan reagì nella ripresa. Al 59′ pareggiò Shevchenko. Tre minuti dopo il nostro ricevette un passaggio sulla destra, si accentrò e fece partire una bordata ignorante sotto la traversa. Non contento, dopo altri tre minuti pennellò un cross al bacio per il terzo gol, firmato Pippo Inzaghi.

Edgar Davids, il gentiluomo con cui contra ebbe a che fare nel Trofeo TIM 2002 (fonte: affaritaliani.it)

Edgar Davids, il gentiluomo con cui contra ebbe a che fare nel Trofeo TIM 2002 (fonte: affaritaliani.it)

Il campionato di Contra proseguì tra alti e bassi, come tutto quel Milan. Prima di Natale visse un altro highlight, segnando in pieno recupero il gol vittoria contro l’Hellas Verona. Il 24 febbraio, contro il Venezia arrivò anche la terza segnatura in campionato.

La prima stagione di Contra in Italia sembrò dunque incoraggiante, tanto che venne confermato anche per l’anno successivo, nonostante qualche dubbio di natura tattica. Cioè, l’intenzione era quella, ma il misfatto era dietro l’angolo e aveva le fattezze poco rassicuranti del pitbull Edgar Davids.

Il 31 luglio 2002 si giocò la seconda edizione del Trofeo TIM, il triangolare estivo tra Milan, Juve e Inter. Nella sfida tra rossoneri e bianconeri, Contra e Davids ebbero modo di scambiarsi opinioni. Al quarto minuto, l’olandese entrò in modo troppo duro su Ringhio Gattuso e Contra corse in suo aiuto. La rissa fu inevitabile e non priva di finezze. Dopo aver riportato la calma, l’arbitro non potè fare altro che espellerli entrambi.

Vabbè dai, era un’amichevole, non contava niente, c’era caldo. Si sono menati, si sono sfogati, hanno capito la cazzata e si sono rippacificati subito dopo in un tripudio di pacche sulle spalle. Magari. La rissa non solo proseguì negli spogliatoi, ma degenerò pure. Per cinque minuti i due si insultarono e continuarono a scazzottarsi. Ci provarono un po’ tutti a dividerli, ma con scarso successo. Persino Paolo Montero cercò di riportarli alla ragione. Una rissa con Montero nel ruolo di paciere. Riuscite solo ad immaginare cosa possa essere stata?

Contra, il videogioco (fonte: collider.com)

Contra, il videogioco (fonte: collider.com)

Oh, del resto i romani dicevano “nomen omen” e, da uno che si chiamava come uno dei più famosi videogiochi sparatutto di tutti i tempi, cosa vi aspettavate? Ricami e merletti?

Dopo il fattaccio, il Milan si sentì in imbarazzo e fece partire Contra in fretta e furia verso l’Atletico Madrid. Vi giocò per due anni, senza lasciare particolari ricordi positivi. Dal 2004 fu coinvolto in una serie di prestiti: West Bromwich Albion, Politehnica Timisoara, Getafe. Con quest’ultimi il rendimento fu positivo, tanto che fu acquistato definitivamente. Rimase con loro fino al 2010.

Il suo anno buono fu il 2007-2008, quando fu uno dei protagonisti del cammino europeo degli spagnoli. Poche ore prima del ritorno dei sedicesimi di Coppa UEFA contro l’AEK Atene, venne a sapere della morte del padre. Vi pare che uno che si è menato con Davids possa scomporsi per questo? Non si lasciò travolgere dall’emozione. Scese in campo e realizzò un rigore.

Cosmin Contra con la maglia del Getafe (fonte: ecodiario.eleconomistas.es)

Cosmin Contra con la maglia del Getafe (fonte: ecodiario.eleconomistas.es)

Il vero spannung fu ai quarti, contro il Bayern Monaco. All’Alianz Arena le cose si misero male. Luca Toni portò avanti i tedeschi al 26′. A poco più di 10 minuti dalla fine Contra entrò in campo. All’ultimo minuto si inventò il pareggio. Azione confusa e insistita, il rumeno prese palla al limite, entrò in area e scavalcò il portiere con un tocco sotto.

Il ritorno fu uno psicodramma. Il Getafe fu eliminato ai tempi supplementari, all’ultima azione, per la regola dei gol in transferta. Ma il primo gol degli spagnoli era stato ancora di Contra, con una delle sue classiche sassate d’altri tempi. Ah, quei tre gol in UEFA alla fine furono gli unici con la maglia degli azulones.

Contra rimase in Spagna fino al 2010. Nel frattempo aveva di nuovo deliziato le masse con esibizioni di galateo. Nel 2009, dopo una sostituzione rimastagli sullo stomaco, aggredì il tecnico Victor Munoz lanciandogli un parastinchi.

Giocò un altro anno, di nuovo in Romania, di nuovo al Politehnica, dove nel contempo iniziò anche ad allenare. Dopo qualche dissidio col presidente Marian Iancu (ma visti come sono i vertici del calcio rumeno è difficile fargliene una colpa. Roba da far venire una languida nostalgia di Matarrese e Abete…), venne esonerato.

Cosmin Contra in versione allenatore (fonte: it.uefa.com)

Cosmin Contra in versione allenatore (fonte: it.uefa.com)

Nel luglio del 2012 tornò per la terza volta in Spagna, diventando allentore del Fuenlabrada, in terza serie. Dopo pochi mesi arrivò un’offerta dal Petrolul Ploiesti, serie A rumena, e se ne andò.

L’ultimo acuto della parabola di Cosmin Contra è di qualche giorno fa. Nel terzo turno di qualificazione delle fasi preliminari di Europa League, il Petrolul ha eliminato i ben più quotati olandesi del Vitesse con un gol segnato al 95′.

Segno di una squadra che ci crede sempre, che combatte, che lotta, testarda. Proprio come il suo allenatore. Proprio come Cosmin Contra. A suo modo, un idolo.